Contro la letteratura

Sì, questo è un testo contro la letteratura. E sì, lo scrive uno scrittore. Sembra un ironico gioco di parole, ma non lo è. Dunque, a cosa serve la letteratura? In linea teorica (ma solo teorica, eh!) dovrebbe servire ad aprire la mente, a far conoscere nuovi mondi senza nemmeno alzarsi dalla poltrona, a far riflettere, perfino a far imparare qualcosa di nuovo, a volte. Ma è davvero così? Sul serio la letteratura riesce a raggiungere questo scopo? Ne dubito molto. Anzi, la maggior parte delle volte non lo raggiunge neanche lontanamente.

Se vogliamo parlare seriamente di letteratura, non si può prescindere dalla realtà editoriale italiana, dalle librerie e dal mondo nel quale gli autori sono costretti a vivere. Non è un refuso: gli autori sono costretti a vivere in un ambiente malsano, da qualunque prospettiva lo si osservi. È bene essere chiari: esistono due mondi letterari, che non hanno nulla a che vedere uno con l’altro, che non si toccano neanche per un istante transitorio. Uno è il mondo degli autori che hanno accesso ai soliti quattro-cinque grossi editori e a tutta la loro potenza di fuoco fatta di interviste, recensioni, paginate sui quotidiani, visibilità su ogni sito possibile e ninnoli, vari ed eventuali, regalati insieme ai libri. L’altro è quello degli autori che fanno parte della cosiddetta “piccola editoria indipendente”. Questi non hanno accesso a nulla. Niente promozione, niente recensioni, niente interviste, niente librerie. Si tratta di libri che, il più delle volte, vengono stampati in poche copie, che non si riescono a dare via nemmeno regalandole. E ciò non necessariamente perché siano libri scritti male e perché non abbiano nulla da dire. Ci sono delle perle letterarie, nella cosiddetta “piccola editoria indipendente”, ma qui la bravura non conta nulla. Così come, inutile nasconderselo, conta pochissimo anche con i grandi editori, i quali invadono le librerie con libri spesso e volentieri illeggibili e imbarazzanti. Ma loro possono.

Del resto, non si può prescindere nemmeno dal considerare il favoloso mondo delle librerie, che in Italia, in maggioranza, sono di proprietà degli stessi grandi editori che, in questo modo, si garantiscono il monopolio di cosa viene esposto sugli scaffali, tagliando fuori chiunque non vada loro a genio.

Ha ancora senso, dunque, parlare di letteratura, quando gli editori sono sempre quei quattro o cinque? Ha ancora senso, quando gli autori presenti sugli scaffali sono sempre gli stessi, senza mai una variazione?

Se non sapete cosa rispondere, risponderò io per voi: no, non ha senso. Non ne ha perché, se la letteratura dev’essere costituita solamente dai soliti noti, sempre e solo quelli e sempre più di qualità scadente, tagliando deliberatamente fuori tutto il resto, che letteratura è? Di cosa stiamo parlando, se decine e decine di autori sono semplicemente tagliati fuori dal mondo editoriale? Di cosa stiamo parlando, se non esiste una cultura della lettura (e di conseguenza anche della scrittura)? Di cosa stiamo parlando, se su Amazon si viene fagocitati da centinaia di autopubblicazioni, che definire imbarazzanti è poco?

Ha senso parlare di letteratura in una nazione come l’Italia, dove la maggior parte della gente non apre mai un libro? Ha senso farlo, in una nazione come l’Italia, dove l’editoria è una giungla nella quale nuotano a bizzeffe i pescecani, pronti a chiedere soldi agli autori, sfruttando il loro sogno di pubblicare un libro e vederlo in una libreria? No, non ne ha. Non più di quanto ne abbia discutere di viaggi sulla Luna per chi non è un astronauta.

Vogliamo parlare, poi, del brillante mondo delle presentazioni? Librerie che non rispondono alle richieste, librerie che ti negano la sala perché tanto tu non sei nessuno, librerie che ti costringono a dargli le copie del tuo libro (che sono tue e hai dovuto pagartele tu, ça va sans dire) col 45% di sconto ecc. E il mondo delle associazioni? Ah certo, le associazioni, come no! Quelle che, se non fai parte del loro circolo, niente da fare. Quelle che ti chiedono una presentazione e poi: e ma, e mi, e mu, e mo… E poi scompaiono, dandoti risposte sempre più fumose. Perché, certo, gli autori, oltre a scrivere e a non essere pagati, devono anche conoscere mezzo mondo per organizzare presentazioni a destra e a manca, col perenne rischio di fare tutto il lavoro per vedersi davanti una o due persone (senza, peraltro, voler mancare di rispetto a questi coraggiosi). Perché, anche qui è bene essere chiari, per organizzare una presentazione occorre un gran lavoro da parte dell’autore del libro da presentare.

Questa, dunque, è la letteratura? No, questa non è letteratura. Queste sono solo le macerie di un mondo letterario che, ormai, non esiste più. Anche i grandi editori, a forza di mettere in vendita idiozie, di regalare ninnoli inutili per vendere i libri, a forza di voler trasformare i libri in oggetti di puro consumo (ma senza poter competere, ça va sans dire, con la fabbrica seriale delle serie televisive), si stanno condannando alla marginalità e, alla lunga, all’estinzione. L’importante, ad ogni modo, è recarsi in libreria (rigorosamente di proprietà dei grandi editori, ça va sans dire) o su qualche sito di vendita libri (rigorosamente di proprietà dei grandi editori, ça va sans dire), credendosi liberi di scegliere i libri che si mettono nel carrello. E credendo che esista ancora la Letteratura, con la maiuscola.

Credeteci pure, se vi va, ma vi illudete. La letteratura non esiste più ed è ormai morta e sepolta. Forse, dopotutto, considerando com’è fatto il mondo attuale post-COVID ma pieno di guerre, disuguaglianze e ingiustizie di cui non importa più niente a nessuno, è meglio così. Meglio certificare la morte della letteratura e la sua perfetta inutilità, date le circostanze. Nel mondo attuale, gente come Manzoni o Leopardi potrebbe aspirare al massimo a una miseranda autopubblicazione su Amazon o qualche piattaforma affine.

Contro la letteratura, dunque, a tutta forza! E, di nuovo, sì, lo dice un autore che va in giro gratuitamente nelle scuole a parlare ai bambini della bellezza della scrittura, anche se, ormai, ha rinunciato a scrivere narrativa, per avvenuto decesso della letteratura di cui credeva (molto ingenuamente, ça va sans dire) di far parte. 

Pubblicato da gchiarol

Autore di romanzi e racconti

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