La scomparsa di Luciano Engelmann – lettura di un estratto

Ecco una lettura di un breve estratto dal mio ultimo romanzo, La scomparsa di Luciano Engelmann, uscito a inizio novembre. Qui una presentazione del libro.

Qui il testo dell’estratto:

Trieste, dicembre 1944 – nei pressi di Piazza della Borsa

Verso le tre di una gelida notte senza luna, una Mercedes nera accostò al marciapiede e si fermò vicino al grande portone di un edificio residenziale, nelle vicinanze di Piazza della Borsa.

A bordo dell’auto si trovava un solo uomo, in divisa da SS. L’uomo, una volta spenti i fari e il motore della Mercedes, si accese una sigaretta e rimase in attesa, nel buio. Il tizzone ardente gli illuminava debolmente i lineamenti tesi. Stava decidendo se procedere col suo piano. Si trattava di un’idea rischiosa, ma il premio in palio poteva essere davvero grosso. C’era la possibilità di un ulteriore avanzamento di carriera, con tanto di notevole balzo in avanti per la sua reputazione. Forse ci sarebbe stato anche un mucchio di soldi da arraffare, qualora fosse riuscito a farsi sganciare le informazioni giuste. Mentre continuava a fumare la sigaretta, l’uomo mise il finestrino dell’auto in fessura, per consentire al fumo di fuoriuscire nel gelo della notte. Man mano che aspirava nervosamente, l’uomo delle SS si convinse sempre di più che valesse la pena correre il rischio di quell’operazione segreta. Quando la sigaretta finì, la decisione era ormai presa.

Lo sportello della Mercedes si spalancò e l’uomo, stringendosi nel cappotto, scese dall’auto gettando il mozzicone a terra.

Sull’altro lato della strada, ben nascosto dietro la colonna di un portico, un secondo uomo osservava la scena. Pochi minuti prima stava camminando per strada, da solo, quando aveva sentito improvvisamente il rumore di un’auto in avvicinamento. Poiché a Trieste, in una notte d’inverno nel 1944, era ben difficile imbattersi in un’auto, aveva subito cercato riparo sotto un portico che si apriva a pochi metri da lui. Pur rendendosi conto del pericolo che correva, era rimasto a osservare quanto avveniva, stando sul lato opposto della strada e respirando a malapena. Tutto ciò che poteva fare, d’altronde, era rimanere fermo, sperando di restare fuori dal radar di quel membro solitario delle SS, fermatosi lì misteriosamente in piena notte.

Non poteva trattarsi di un rastrellamento in piena regola, altrimenti sarebbe già arrivato un camion carico di SS, per strattonare e bastonare i malcapitati indifesi di turno. Di solito avevano questa prassi i nazisti, specie da quando la città era entrata a far parte dell’Adriatisches Küstenland.

La presenza della Mercedes nera poteva significare soltanto una cosa: il tizio in uniforme probabilmente era un pezzo grosso. Era troppo buio per distinguerne chiaramente i lineamenti, ma non potevano esserci grandi dubbi. Quelli si muovevano solo utilizzando auto di lusso, per sottolineare il proprio status di capi intoccabili. Un alto gerarca nazista, dunque, pareva essersi scomodato in piena notte per fare qualcosa di potenzialmente pericoloso, di nascosto da tutti. Ciò non faceva che aumentare il pericolo corso dall’uomo in sosta lungo il portico. Nessun alto papavero si sarebbe mosso di casa alle tre del mattino, se non si fosse trattato di una cosa davvero importante. Se l’avessero beccato mentre spiava la scena da dietro una colonna, l’uomo in attesa non sarebbe giunto vivo al mattino, probabilmente.

Il suo stupore, però, toccò la punta massima quando identificò l’uomo sceso dalla Mercedes in divisa da SS. Dopo aver gettato a terra la sigaretta ormai finita e aver richiuso lo sportello dell’auto, il tedesco si guardò intorno diverse volte, per sincerarsi che in giro non ci fosse nessuno. Poi, direttosi verso il portone del palazzo davanti a lui, ne impugnò la maniglia e si fermò, come preso da un’improvvisa incertezza. Mollò il portone ed estrasse la pistola per poi voltarsi, subito dopo, a scrutare ancora una volta la strada in ogni direzione. Era stato allora che, in un lampo, l’uomo dietro la colonna aveva riconosciuto nientemeno che Odilo Globocnik, l’eminenza grigia che, col pugno di ferro, si dedicava anima e corpo all’incarico di ripulire la città dalla feccia ebraica, nonché da quella slava. Cosa ci faceva lì Globocnik, il capo delle SS e della polizia di Trieste, in piena notte? Perché ci teneva tanto a introdursi in quell’edificio, per giunta con la pistola spianata?

Pubblicato da gchiarol

Autore di romanzi e racconti

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