La figura femminle aveva un viso diafano. Nonostante ciò, la grazia dei suoi occhi e del sorriso che mi rivolse mi riempirono di emozione.
La donna che attendeva il crepuscolo
Eccoci giunti, questa settimana, all’ultimo racconto, La donna che attendeva il crepuscolo dal mio libro omonimo, e all’ultimo incipit. Questo racconto si svolge in un’epoca passata non meglio identificata. Sta al lettore collocarla con precisione, anche se io ho immaginato un contesto vagamente riferibile ai primi del Novecento.

In un’atmosfera un po’ decadente di fine estate, dunque, Elio, la voce narrante, si trova nella sua abitazione, una villa isolata e dotata di un ampio parco, nella quale risiede insieme alla sorella Esther. Una sera, mentre Elio passeggia nel parco, farà un incontro inaspettato, che cambierà per sempre la sua vita e quella di sua sorella. Elio, infatti, incontra Eleonora, la donna che attendeva il crepuscolo la quale dona il titolo all’intera raccolta di racconti.
La storia dell’incontro con questa misteriosa donna si svolge nell’arco di tre giorni, che costituiscono anche la suddivisione dei capitoli nel racconto. Durante questo breve arco di tempo, Elio apprenderà alcuni fatti ai quali stenterà a credere, inizialmente, ma che si riveleranno determinanti nello stabilire il corso di tutta la sua vita futura e la stessa cosa varrà anche per l’amata sorella Esther. Esther, infatti, nasconde da molti anni un tragico e oscuro segreto, ignorato da tutti, perfino da Elio. Pochi segreti, però, durano per sempre.
Si dipana, così, in questi tre giorni, la storia dei fratelli Elio ed Esther, fino al risolutivo finale. Ecco, dunque, l’incipit del racconto ambientato durante il primo giorno:
Primo giorno
Fu durante una serata di fine estate che la vidi per la prima volta. Nonostante ci stessimo avvicinando a grandi passi alla metà di settembre, si poteva avvertire ancora piacevolmente il tepore tardo estivo, anche quando la luce del sole calava d’intensità. La giornata era trascorsa solamente con qualche nuvola passeggera ad oscurare, per pochi minuti, uno splendido sole che scaldava le membra e non faceva presagire affatto l’arrivo dell’autunno, ormai alle porte.
La villa, immersa nella calda aria del giorno che andava spegnendosi, si trovava immersa in un boschetto i cui alberi presentavano, ormai, un colore bronzeo a segnalare l’incipiente avvicendarsi delle stagioni. Sul davanti, invece, ai lati di un lungo viale d’ingresso, sui cui lati stazionavano maestosi due filari di cipressi, si apriva un ampio prato accuratamente rasato, nel quale trovavano posto delle belle aiuole contenenti fiori dei più bei colori immaginabili, dal rosso al giallo, dall’indaco fino al viola scuro, quasi nero. Non sono mai stato un esperto di fiori e tuttora non sarei in grado di descriverne i nomi, ma posso garantire che i due giardinieri presenti svolgevano un lavoro ammirato da tutti. Lungo la parte di prato sulla sinistra del viale, poco distante dalla villa, giaceva un placido stagno in riva al quale mi ero sovente seduto a leggere i miei amati libri.
Fu proprio lì, nei pressi dello stagno, che la vidi per la prima volta, quella sera di settembre. Ero uscito dalla villa per stare un po’ da solo, mentre mia sorella parlava con la domestica, la quale ci aiutava a prenderci cura della casa. Mia sorella ed io, entrambi soli, avevamo stabilito di vivere insieme nell’antica villa di campagna della nostra famiglia, qualche anno prima. Ci volevamo bene e così avevamo trovato il modo di non abbandonare la villa e, allo stesso tempo, di prenderci cura l’uno dell’altra.
Quella sera, dunque, uscii a godermi la tiepida aria ancora estiva, nel parco. Mentre alle mie spalle la villa giaceva quasi sonnolenta, con soltanto un paio di stanze illuminate ad indicare la presenza di mia sorella e della domestica, mi avviai lungo il viale a lenti passi. Osservavo affascinato gli alti cipressi che delimitavano il viale. Essi apparivano imbevuti della delicata e rosea luce serale emessa dal sole calante e, in quell’atmosfera silenziosa, mi parvero come dei lunghissimi pennelli rivolti al cielo, anch’esso roseo sopra di me, pronti a dipingere linee celesti in attesa della comparsa delle stelle, che avrebbero fatto capolino di lì a poco.

Mentre camminavo, assorto in tale rapimento e ammirazione, vidi con la coda dell’occhio qualcosa che attirò la mia attenzione. Fu soltanto un attimo e pensai subito d’essermi ingannato, ma l’automatismo mi portò a voltare la testa, per controllare. Con mia grande sorpresa, mi avvidi di non essermi sbagliato affatto. Un’ombra bianca la quale, osservando con più attenzione, si rivelò una figura femminile, sostava ai bordi dello stagno. La donna era ferma e si trovava di spalle rispetto a me. Indossava una veste bianca, mentre i lunghi capelli color del rame parevano quasi emettere una fioca luce intorno a lei. Non potevo nemmeno vederle le mani poiché, a quanto potevo notare, la donna le teneva giunte davanti a sé.
Ero stupefatto. Cosa ci faceva lì, sulla riva dello stagno, quella misteriosa presenza femminile? E a quell’ora, poi. Mi voltai per un attimo verso la villa, ma né mia sorella, né la domestica si fecero vedere. Evidentemente erano ancora intente a parlare all’interno della casa. In effetti erano molto amiche, e probabilmente sarebbero rimaste a parlare ancora a lungo. Quando tornai ad osservare in direzione dello stagno, per un attimo la donna in bianco sembrò scomparsa. Con un tuffo al cuore ebbi il tempo di chiedermi se per caso non mi fossi immaginato tutto, ma un momento più tardi la rividi. Si era spostata di qualche passo sulla destra, ecco perché non l’avevo individuata subito. La luce del sole si stava attenuando e, di lì a non molto, sarebbe stato quasi buio. Riflettei brevemente, e con una certa agitazione, sul da farsi. Conclusi rapidamente che non potevo certo starmene lì, fermo, senza nemmeno tentare di avvicinare la donna misteriosa.
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