Il mediatore tra cervello e mani dev’essere il cuore.
Metropolis, 1927
Questo secondo racconto, il più lungo della raccolta La donna che attendeva il crepuscolo trae ispirazione dal famoso film Metropolis del regista tedesco Fritz Lang. Ho già parlato di Metropolis in precedenza e anche a proposito del mio secondo romanzo La crepa, nel quale il protagonista maschile del film, Gustav Fröhlich, ha un ruolo abbastanza importante.

Senza quindi ripercorrere le vicende relative al film, che si possono trovare nel precedente articolo al riguardo, mi limito a spiegare che il racconto Macerie inizia il suo percorso laddove il film di Fritz Lang si conclude, riprendendone alcuni dei personaggi chiave. All’interno del libro La donna che attendeva il crepuscolo, in ogni caso, c’è una breve premessa nella quale vengono spiegate le note salienti relative al capolavoro di Lang, per chi non l’avesse visto e non ne conoscesse la trama.
Ma torniamo al racconto. Siamo dunque a Metropolis, l’immensa città ipertecnologica edificata ormai molti anni addietro da Joh Fredersen, divenuto il suo Dittatore e ci troviamo nell’anno 2046. Sono passati vent’anni dalle vicende narrate nel film di Lang (il quale si svolge nel 2026, un secolo dopo l’anno in cui furono ultimate le riprese, quindi). Protagonista del mio racconto non è più Freder, il figlio del Dittatore di Metropolis, come nel film, ma lo Smilzo. Egli rappresenta quello che oggi definiremmo ‘il cattivo’ della storia. È attraverso il suo punto di vista che il mio racconto si dipana.

Ho voluto, infatti, farne un personaggio più complesso e animato da moventi che, seppure non sempre cristallini, vanno ben al di là dello stereotipo del cattivo totale. È così, dunque, che una sera lo Smilzo incontra inaspettatamente, sebbene di sfuggita, Hel, la madre di Freder deceduta decenni prima mentre dava alla luce lo stesso Freder. Lo Smilzo, dopo questo incredibile incontro, decide di cominciare ad indagare per scoprire se davvero la donna incontrata per caso sia Hel e, in ogni caso, cosa lei nasconda e quali scopi si prefigga. Ha inizio, così, un misterioso viaggio nella città alla ricerca prima di Freder e poi di Hel stessa, da parte dello Smilzo. Egli tornerà in contatto con alcuni personaggi facenti parte anche del film, come Josaphat (l’amico di Freder che molti anni prima lo Smilzo aveva messo sotto torchio, mentre faceva la spia per il Dittatore), il quale deciderà di aiutarlo a rintracciare Freder e Maria, scomparsi da molto tempo dalla circolazione. Nel corso della sua indagine per scoprire i moventi della rediviva Hel, lo Smilzo farà poi diverse scoperte sul suo vecchio e defunto datore di lavoro, il Dittatore Joh Fredersen, e su Rotwang, lo scienziato inventore delle sofisticate macchine che tenevano in vita la città di Metropolis.
Qui sotto, infine, ecco l’incipit del racconto Macerie, nel quale lo Smilzo si reca allo Yoshiwara (un altro nome relativo al film di Lang) per assistere allo spettacolo di una nuova ballerina di cui tutti parlano e che sembra mandare in visibilio la platea di clienti del lussuoso locale. Lo Smilzo, dunque, entra nel locale e sta per assistere all’esibizione della misteriosa ballerina che si fa chiamare ‘la Regina in bianco’.

Metropolis, 2046
Erano quasi le undici di sera quando lo Smilzo entrò allo Yoshiwara. Ancora una volta, la tentazione era stata irresistibile e l’aveva attratto inesorabilmente verso quel luogo di lussuria e perdizione. Non era stato per questo, del resto, che aveva accettato di fare la spia per Joh Fredersen, anni addietro? Non era stato per questo che aveva intascato quella montagna di soldi, messigli nelle tasche dal vecchio? Sì, certo: era stato per questo. Lo Smilzo lo sapeva perfettamente, anche se preferiva tentare un’ormai inutile dissimulazione. La verità era semplice. Lui non voleva più essere un banale impiegato di cui il Dittatore di Metropolis poteva servirsi a piacimento, soprattutto per i lavori sporchi, quelli che nessuno avrebbe voluto accettare. Incarichi come quello, ad esempio, di seguire come un segugio le tracce del Mediatore, corrompendo chiunque, pur di ottenere informazioni sulle sue mosse e i suoi spostamenti. Fredersen sapeva fin troppo bene come lui fosse la persona perfetta per quel lavoro e l’aveva chiamato senza indugio. Nessun dubbio, nessun tentennamento. Lo Smilzo aveva visto il vecchio estrarre un mazzo di banconote di dimensioni inusitate e, un attimo più tardi, il voluminoso pacchetto era nelle sue mani tremanti. Non aveva mai visto tanti soldi tutti insieme. Non era possibile opporre alcuna resistenza a una cosa del genere. Lo Smilzo aveva accettato l’incarico, prima ancora di conoscerne i dettagli.
“Ora basta con questi pensieri” si disse, mentre varcava la soglia dello Yoshiwara. “Inutile lambiccarsi il cervello, quando sto per entrare in questo magnifico luogo dove ogni lusso e capriccio sono consentiti.”
Lo Smilzo, dunque, si fece strada, lentamente, verso il suo solito tavolo riservatogli all’angolo, sulla destra del vasto locale. Da lì si godeva una vista perfetta sul palco ed era possibile, al contempo, starsene tranquilli e non essere quasi disturbati dall’ammasso di persone stipate in quello spazio.
Dopo pochi passi, un attendente in livrea lo riconobbe e, rivoltogli un cenno d’inchino, lo accompagnò al tavolo, aprendosi la via tra i ricchi ospiti, che diventavano sempre più numerosi minuto dopo minuto, poiché l’ora dell’attrazione principale si avvicinava. Lo Smilzo non si affrettò. Camminò con calma, guardandosi intorno e godendosi l’atmosfera esuberante del locale ad ogni passo. Lo Yoshiwara era sempre stato il luogo dove i ricchi abitanti di Metropolis si riunivano per interminabili serate, durante le quali tutto era permesso, ma ultimamente la febbre lussuriosa degli astanti pareva in vertiginoso aumento anche per gli abituali canoni di un luogo come quello. Lo Smilzo vi si era recato meno del solito, di recente, a causa di qualche malanno di salute, per via del quale era stato costretto a rimanere più del dovuto nel suo lussuoso e altissimo palazzo. Ciò non gli aveva impedito, però, di tenersi informato su quanto avveniva in città ed era stato così, tramite qualche informatore, che aveva ricevuto notizia del rinnovato fervore che circondava lo Yoshiwara. Merito di una nuova ballerina, comparsa durante l’esibizione del giovedì sera, la quale, a quanto si diceva, sembrava più brava di tutte le altre. Sulla base delle relazioni dei suoi informatori, lo Smilzo apprese come la nuova ballerina facesse impazzire la folla di ricchi uomini accorsi al locale. Con movenze sinuose e un viso angelico, la ballerina si esibiva in danze di successo sempre crescente. Se la cosa non fosse stata palesemente impossibile, lo Smilzo avrebbe creduto di avere a che fare con la descrizione degli spettacoli cui aveva dato vita Maria, l’incredibile e frenetica danzatrice creata anni prima dal vecchio scienziato Rotwang, per vendicarsi del Dittatore. L’avrebbe certamente creduto, sì, se solo non fosse stato personalmente testimone della fine di quella donna.
Ad ogni buon conto, i rapporti ricevuti costantemente dagli informatori attizzarono la curiosità dello Smilzo e gli fecero assumere la determinazione di recarsi allo Yoshiwara ogni giovedì, finché la misteriosa nuova ballerina non si fosse presentata alla ribalta.
Ed eccolo lì, dunque, elegantemente vestito, mentre si accomodava sulla sedia al solito tavolo, in attesa che le luci si abbassassero e lo spettacolo della sera avesse inizio. Lo Smilzo notò subito come la tensione sembrasse quasi palpabile, attorno a lui. Tutti parlavano febbrilmente uno con l’altro, lanciando occhiate furtive verso il palco, mentre puntavano con bruschi gesti la mano in quella stessa direzione. Dai dialoghi smozzicati udibili tutt’intorno, lo Smilzo apprese, concordemente con quanto aveva sospettato fin dal principio, come i numerosissimi astanti stessero confabulando per indovinare se quella sera la nuova ballerina sarebbe ricomparsa davanti a loro. Anche lui era in preda agli stessi pensieri e consultava nervosamente l’orologio, per vedere quanto tempo ancora lo separasse dall’apertura del sipario. Nessuno, infatti, sapeva chi sarebbe stata la protagonista dell’esibizione, perché la direzione dello Yoshiwara aveva preso l’abitudine di mantenere il più stretto riserbo sull’identità della ballerina dello spettacolo del giovedì, con l’evidente intenzione di aumentare l’aspettativa del pubblico e attrarre ancora più spettatori.
A mezzanotte esatta, quando la tensione aveva ormai raggiunto il culmine e il locale traboccava di gente, le luci finalmente si abbassarono e con esse anche il chiasso delle mille voci del pubblico, ridottosi in pochi secondi a un timido brusio, per poi placarsi del tutto e trasformarsi in un rapito silenzio, quando il sipario iniziò ad aprirsi.
Una opinione su "Macerie, seguito letterario del film Metropolis – incipit del secondo racconto tratto da La donna che attendeva il crepuscolo (Meligrana Editore, 2020)"