I War Poets inglesi nella Grande Guerra – Robert Graves e Siegfried Sassoon

Un’altra storia alla quale sono molto legato è quella dei War Poets, un gruppo di scrittori inglesi, volontari durante la Grande Guerra, che poi hanno scritto della loro esperienza una volta tornati a casa. Sebbene alcuni, come ad esempio Rupert Brooke, Isaac Rosenberg e Wilfred Owen ci abbiano rimesso la vita, altri sono sopravvissuti. Qualche volta si sono perfino incaricati di far pubblicare i testi dei loro amici deceduti sui campi di battaglia in Europa o in Turchia.

In particolare, mi soffermerò qui su Robert Grave e Siegfried Sassoon, con qualche cenno a Wilfred Owen.

Robert Graves da giovane

Robert Graves, noto non solo per i molti testi di guerra ma anche per i molti libri sulla mitologia greca e romana, in realtà si chiamava Robert von Ranke Graves. Com’è chiaro, metà della sua famiglia veniva dalla Germania, cosa di cui i Graves andavano talmente orgogliosi da mantenere il doppio cognome, con cui iscrissero anche i figli a scuola. Le origini tedesche di Graves costituirono subito un problema per Robert, bersagliato costantemente durante la sua vita come “traditore” dell’Inghilterra a causa delle sue origini germaniche. Tra l’altro, questo del cognome tedesco fu un problema grave per molti, e ben al di là del caso di Graves. Anche Tolkien, ad esempio, avvertì come un peso il proprio cognome tedesco nel 1914, quando il pregiudizio contro qualsiasi cosa fosse anche vagamente tedesco prese il sopravvento in molti paesi, Inghilterra compresa. Se, però, nel caso di Graves o Tolkien, non il tutto non provocò mai loro difficoltà insormontabili, lo stesso non si può dire per molti altri. Furono tanti i cittadini inglesi con cognome tedesco (o sposati con donne o uomini tedeschi, oppure cittadini di nazionalità tedesca che lavoravano in territorio inglese) a subire soprusi, prevaricazioni e anche violenze, senza dimenticare l’odissea dell’internamento coatto di tutti i cittadini tedeschi residenti in Inghilterra per la durata del conflitto. È, questa, una pratica abominevole (messa in atto anche da quasi tutte le nazioni in guerra) contro i civili che sarà il primo vero banco di prova dei futuri lager nazisti, con i quali condivisero, sperimentandoli in anticipo, molte tristi modalità di reclusione, sopruso e applicazione della violenza.


Tornando a Graves, la sua parabola durante la guerra è abbastanza semplice: si arruola quasi subito, appena l’Inghilterra dichiara guerra alla Germania, per giungere in Francia all’inizio del 1915. Qui combatte perlopiù lungo il famoso saliente di Ypres, la città belga rasa al suolo proprio durante la Grande Guerra e rimasta sulla linea del fronte fino all’armistizio e, nel 1916, partecipa anche all’offensiva della Somme (dove, tra gli altri, combattono a poca distanza anche Tolkien, Ernst Jünger, Adolf Hitler e diversi altri scrittori molto noti). Militare modello secondo i canoni dell’esercito britannico in guerra, Graves viene promosso rapidamente sul campo a tenente e poi capitano.

A seguito di una pesante ferita subita sulla Somme, rientra in Inghilterra per poi, in preda all’alienazione poiché non riesce a reinserirsi tra persone che non hanno mai visto la guerra se non sui giornali, fare richiesta di tornare in prima linea contro il parere dei medici. Emblematico, a tale proposito il capitolo della sua autobiografia dedicato ad un periodo trascorso in Inghilterra, durante il quale inizia a sentire il desiderio di tornare sotto le bombe, sul fronte occidentale, pur di non dover ascoltare i commenti di quanti popolano il fronte interno. Graves, quindi, rientra in prima linea. Dopo una decina di giorni di trincea, lo rispediscono, però, definitivamente in Inghilterra, dove resta in ospedale fin quasi all’armistizio. Graves soffriva, infatti, del cosiddetto shell shock, lo shock da bomba, ovvero la sindrome post traumatica da stress dovuta alla vita in prima linea, senza contare l’indebolimento sotto il profilo fisico che non gli consente più di prestare servizio al fronte. Impiegherà una decina d’anni, secondo la sua stessa testimonianza, a riprendersi mentre, quando passeggiava per le vie universitarie ad Oxford, non appena sentiva un rumore di una porta che sbatteva da qualche parte oppure avvertiva un odore strano di cibo, si gettava a terra tremando e tentando di ripararsi il corpo, come in trincea. Le sue memorie di guerra, disponibili anche in italiano, sono raccolte nel romanzo “Addio a tutto questo”, divenuto il suo testo di gran lunga più famoso, sebbene non sia un testo rigidamente testimoniale.

Merita una menzione il fatto che Graves venga, ad esempio, dapprima accusato di essere una spia tedesca al fronte (a causa di uno scambio di persona con una spia vera che si faceva chiamare Karl Graves) e poi il fatto che venga addirittura creduto ufficialmente morto per diverse settimane, mentre se ne sta vivo e vegeto in trincea. Una delle parti più interessanti della sua esperienza negli anni della Grande Guerra, però, riguarda il suo rapporto con l’altro poeta di guerra Siegfried Sassoon, suo grande amico. È qui che le cose paiono davvero essere frutto della fantasia di qualche prolifico romanziere.

Siegfried Sasson in uniforme, durante la Grande Guerra

Graves aveva stretto un rapporto di amicizia molto intimo con Siegfried Sassoon, un altro poeta inglese che si era già fatto un nome e che diverrà particolarmente noto in seguito ai suoi scritti di guerra. I due si influenzarono reciprocamente. Sassoon ammirava moltissimo il modo di scrivere di Graves e lo esortava a continuare a scrivere poesie, dandogli anche diversi consigli. I due, inoltre, si incontravano ad ogni occasione possibile, scambiandosi anche lettere in cui si confrontavano sul modo migliore di revisionare i propri scritti.
Sassoon si fece presto un nome anche in Francia, guadagnando la reputazione di ufficiale senza paura, che assumeva spesso gli incarichi deliberatamente più rischiosi, senza badare alle conseguenze possibili. Arrivarono perfino a soprannominarlo “Mad Jack” per questa sua attitudine alle azioni ultra rischiose e qualcuno sostenne di essere sicuro che Sassoon partecipasse a quel genere di operazioni nel tentativo di suicidarsi attraverso la guerra. In ogni caso, era chiaro che l’amico di Graves era soggetto ad una grave depressione dovuta in parte allo shock per la morte del fratello, avvenuta durante lo sbarco di Gallipoli in Turchia nel 1915 (uno dei peggiori disastri inglesi, con la regia di Churchill a progettare una sorta di azione suicida) e in parte alla sua stessa esperienza al fronte, in Francia.
Sassoon, profondamente idealista ed estraneo alla logica militare, stava cominciando a manifestare idee potenzialmente pericolose, come Graves stesso (il quale era un tipo molto più pragmatico e con i piedi per terra) ebbe modo di riscontrare.

Nel 1917, Sassoon decise di scrivere una lettera aperta ai giornali. In breve, la lettera denunciava pubblicamente gli orrori delle trincee e dichiarava senza mezzi termini che la responsabilità della continuazione della guerra ricadeva direttamente sui generali e sui politici i quali, senza alcun riguardo per la vita dei soldati, gettavano benzina sul fuoco del conflitto, prolungandolo inutilmente. Il fatto incredibile è che, nonostante la censura e la pesante limitazione dei diritti civili in Inghilterra e in molte altre nazioni, in pieno 1917 la lettera di Sassoon sia stata pubblicata integralmente.
In Inghilterra si scatenò un pandemonio e, come Graves aveva intuito (ma Sassoon non aveva voluto dargli retta), tutti si scagliarono violentemente contro quest’ultimo, il soldato pieno di ardore in battaglia, Mad Jack, il quale rinnegava la guerra e ne sosteneva l’assurdità. Il comando inglese non si scompose più di tanto, limitandosi a spedire Sassoon dritto davanti alla corte marziale.

A questo punto, accadde un altro fatto quasi incredibile. Graves, profondamente allarmato per la sorte dell’amico, si rese conto che certamente il processo si sarebbe concluso con una esemplare condanna a morte, da servire su un piatto d’argento ai giornali e all’opinione pubblica inglese. A quel punto Graves (il quale aveva già avuto esperienza del funzionamento dei tribunali militari, essendo stato chiamato occasionalmente a farne parte), tenta il tutto per tutto. Senza avvertire Sassoon, sempre più preso da una sorta di delirio che gli fa credere di poter far interrompere, con le sue sole forze, la guerra, Graves si informa e, venuto a sapere i nomi dei membri della corte marziale che dovrà giudicare Sassoon, avvicina l’ufficiale che secondo lui è più malleabile e lo convince che l’amico è vittima del cosiddetto shell shock e che, in seguito ad una crisi di nervi, abbia scritto la famosa lettera ai giornali. La corte marziale, seguendo l’opinione dell’ufficiale avvicinato da Graves dichiara, così, Sassoon vittima dello shock da bomba e lo spedisce a curarsi in Inghilterra, presso l’ospedale di Craiglockart, specializzato nella riabilitazione di questo genere di traumi.
Ma la storia di Graves e Sassoon (e della lettera contro la guerra) non finisce in modo tanto semplice.

Nel 1917, dunque, Sassoon giunge all’ospedale di Craiglockart. Sebbene ancora i metodi siano primordiali, l’Inghilterra è all’avanguardia nel trattamento di questo genere di problemi. Qui, in ospedale, Mad Jack incontra proprio l’amico Robert Graves, il quale si trova lì, come detto più sopra, dopo essere stato rimandato indietro dal fronte occidentale.
Graves mantiene il riserbo assoluto sulla sua azione di influenza sui militari che hanno giudicato Sassoon per la faccenda della lettera spedita ai giornali e tiene per sé la soddisfazione per aver evitato la sicura fucilazione del grande amico. Durante la permanenza a Craiglockart, lo osserva mentre, tra attacchi ora di idealismo, ora di depressione, cerca di farsi una ragione del fallimento del suo appello contro la guerra. Nulla, infatti, è cambiato. Come Graves aveva intuito subito, la lettera del suo amico scrittore, sebbene pubblicata senza difficoltà , e senza censure, non ha prodotto alcun risultato apprezzabile. Ad ogni modo, Sassoon è vivo, anche se non domato e questo per Robert Graves è sufficiente.
Mentre i due si trovano a Craiglockart parlando di guerra, ritorno al fronte e poesia, conoscono un altro ufficiale appena rientrato dalla Francia e vittima di shock da bomba a sua volta. È Wilfred Owen, un ragazzo dall’aria innocente con il passatempo della poesia. Owen, dopo essere rimasto sepolto, da solo, per tre giorni sotto i detriti dello scoppio di una granata tedesca con soltanto una candela a fargli luce, ha rischiato la fucilazione per codardia. Il comandante della sua trincea sulla Somme, infatti, non credeva all’esistenza dello shock da bomba e, vedendolo tremare in preda a pesanti vuoti di memoria, l’aveva minacciato di denuncia e fucilazione, sostenendo che quelli di Owen fossero dei chiari segnali di codardia. Fortunatamente per Owen, però, il medico militare della dressing station più vicina, non la pensa così e lo spedisce nelle retrovie, dove lo inviano in Inghilterra, a Craiglockart.

Wilfred Owen

Sassoon, così come anche Graves, intuisce subito il talento del giovane ufficiale e lo invita caldamente a scrivere, scrivere e scrivere poesie, dandogli moltissimi consigli per migliorare i suoi scritti. Owen diviene, così, molto amico di Sassoon e anche di Graves, tanto da partecipare perfino al matrimonio di quest’ultimo, nella primavera del 1918.
Sarà proprio nel 1918 che Sassoon, nonostante sia un sorvegliato speciale per il comando inglese, verrà rimandato in Francia, in prima linea. Pare che Owen, influenzato profondamente dall’amico poeta, abbia preso da qui la sua decisione di farsi rimandare a combattere a sua volta, durante l’estate. Ai primi di settembre del 1918, combattendo di nuovo sul fronte occidentale, Owen viene anche decorato con una medaglia al valore militare, sebbene non riuscirà mai ad indossarla sull’uniforme.

Nella notte tra il 3 e il 4 novembre 1918, una settimana prima dell’armistizio, Owen partecipa ad una delle ultime sanguinose offensive dell’esercito inglese. Presso il fiume Sambre, dunque, gli inglesi subiscono una carneficina notevole e, tra i deceduti, c’è anche Owen.
Una settimana più tardi, mentre le campane suonano a festa in Inghilterra per la firma dell’armistizio, la madre di Wilfred riceverà la lettera che le comunica la morte del figlio. Anche Robert Graves apprenderà la notizia quello stesso giorno, quando viene siglato l’armistizio, dopo quattro feroci anni di guerra.

La tomba di Wilfred Owen nel cimitero di Ors, in Francia

Sarà, dopo il conflitto, Sassoon, il suo mentore, a far pubblicare per la prima volta in volume, postume, le poesie di Owen. Oggi Wilfred Owen è considerato universalmente il più famoso e dotato poeta di guerra, studiato ovunque in Inghilterra (ma in italiano mai tradotto). Da allora, quando si dice War Poets, subito l’associazione di idee porta a Wilfred Owen.
Dopo la guerra, ciascuno riprenderà lentamene e faticosamente la propria vita, con Graves a fare i conti con lo shock da bomba e a tentare di costruirsi una vita letteraria. Nel 1927 pubblica per la prima volta Goodbye to all that, Addio a tutto questo, il suo famosissimo memoriale di guerra. Nel frattempo, dopo molti anni dalla fine del conflitto, ha confessato a Sassoon di essere stato lui ad influenzare il tribunale militare, consentendogli di avere salva la vita, nel 1917. Sassoon, idealista fino all’eccesso come sempre, prende la cosa come un’offesa personale e sostiene che Graves non avesse alcun diritto di agire in quel modo. Secondo Sassoon, sarebbe stato molto meglio se Graves avesse consentito al comando inglese di condannarlo a morte. Nonostante Graves tenti di farlo ragionare, Sassoon è irremovibile e tronca ogni rapporto col vecchio amico poeta. Fu anche questo, una decina d’anni dopo la fine della guerra, a far decidere Graves per l’abbandono del suolo inglese, da cui il titolo del suo famoso testo di memorie.

Pubblicato da gchiarol

Autore di romanzi e racconti

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