Presentazione del romanzo La crepa (Meligrana Editore, 2019)

Io avevo troppo studiato e troppo scritto la storia per non sapere che la grande massa è sempre pronta a rotolare verso la parte ove al momento sta il peso del potere

Stefan Zweig

Siamo a Berlino, nel tardo autunno del 1951. La Germania nazista è uscita vincitrice dalla Seconda guerra mondiale e il nuovo Quarto Reich ha preso il potere. Adolf Hitler conserva ancora la carica di Führer, ma è stato convnto ad assumere un ruolo defilato, non più sempre sotto i riflettori. Di fatto, il ruolo di Cancelliere al comando del nuovo Reich è Reinhard Heydrich, uno dei più feroci dirigenti del regime hitleriano. Tutto, nella nuova Germania trionfatrice del secondo dopoguerra, appare ormai normalizzato e anhe nel resto del mondo il Quarto Reich è considerato un interlocutore affidabile.

In questo contesto storico, troviamo Marius Klein, un giovane berlinese di idee antinaziste, mentre sogna di opporsi attivamente al Quarto Reich e a Heydrich, soprannominato la Bestia Bionda fin dai tempi della guerra. Marius e i suoi amici, Antonov e Karlsen, hanno in mente di arrivare molto in alto, sebbene non abbiano ancora le idee chiare su come fare.

Questo lo spunto di fondo della storia raccontata nel libro, senza mai dimenticare il passato che ha visto la Germania (insieme all’intera Europa) imbarcarsi in due guerre mondiali nel giro di una ventina d’anni.

Come ho accennato nell’articolo pubblicato ieri, all’interno del romanzo avrà un ruolo partiolare anche il mitico film Metropolis del famoso regista tedesco Fritz Lang, in particolare attraverso il suo protagonista maschile, Gustav Fröhlich.

Nel video qui sotto, faccio una presentazione dei temi e personaggi principali del romanzo, spiegando anche perché ho ritenuto importante parlare di Germania nazista ancora oggi. Sotto il video, troverete l’incipit de La crepa.

Video-presentazione del romanzo La crepa
Copertina del romanzo

Berlino, novembre 1951

Il soggiorno era pieno di fumo. Eravamo in tre. Qualcuno fumava nervosamente, nel vano tentativo di alleggerire la tensione. Ci eravamo riuniti lì, poco prima delle otto di sera, per ascoltare il discorso radiofonico del Cancelliere. Lo scrivo con la lettera maiuscola, così come ci aveva insegnato il nostro zelante professor Dorff al liceo. Ricordo che non tollerava nessuno sgarro alla regola aurea di ogni buon tedesco: mostrare sempre il massimo rispetto verso l’autorità governativa che amministrava, come un faro nella notte, la Grande Germania, in tutti i momenti della giornata. Corollario: attenzione maniacale ai dettagli. Cancelliere andava scritto con la maiuscola. Se qualche sventurato se ne dimenticava, in un tema per esempio, riceveva il voto più basso con tanto di segnalazione al preside. Sì, perché già a scuola era possibile essere segnalati prima al preside e poi, se questi lo riteneva opportuno, al commissario politico scolastico.

Sto divagando, come al solito. Il professor Dorff, sebbene io stessi sempre attento ai dettagli a lui tanto cari, soleva ripetermi spesso: “Klein, lei è troppo prolisso! Non lo vede che ha impiegato quattro righe per esprimere un concetto, che non ne richiede più di una e mezza? Santo Iddio, sia più conciso la prossima volta!”

Reinhard Heydrich durante il Terzo Reich

Dunque, dicevo del Cancelliere. Reinhard Heydrich aveva parlato per una mezz’ora buona, con quel suo tipico tono di voce un po’ nasale, facendomi pensare che fosse un uomo dalle qualità un po’ incerte. Purtroppo, la realtà era ben lungi dal seguire le mie impressioni, del tutto imprecise. Heydrich aveva dimostrato ampiamente quali fossero le sue qualità, traendone sempre il massimo vantaggio. Difficile dire se fosse peggio lui o Hitler. Alle urla del Führer erano seguiti i toni più melliflui, ma non meno virulenti, di Heydrich. Era sopravvissuto ad un attentato a Praga alla fine di maggio 1942, quando un commando composto di due soli uomini, per un pelo non era riuscito ad ammazzarlo. Era rimasto sospeso tra la vita e la morte per qualche giorno, per poi riprendersi lentamente, mentre i due attentatori, rifugiatisi presso la chiesa di san Cirillo e Metodio, compivano una carneficina contro le ondate delle SS, inviate dentro il santuario nel tentativo di stanarli. Si diceva che i due, prima di suicidarsi con del veleno, avessero provocato la morte di decine e decine di uomini, sfruttando l’ambiente angusto della chiesa, dove i nazisti erano costretti ad entrare pochi alla volta.

La furia di Heydrich e dei suoi accoliti non si era fatta attendere. Praga fu messa a ferro e fuoco e chiunque fosse anche solo sospettato di aver simpatizzato con il commando di attentatori, venne come minimo messo agli arresti. Ai più, però, non andò così bene. Molti furono deportati, o semplicemente giustiziati sul posto.

Ma torniamo a noi. Heydrich, l’attuale Cancelliere, nel suo discorso alla nazione aveva magnificato il rinnovo degli accordi con Stati Uniti e Inghilterra, così da mantenere vivo il commercio internazionale, favorevole alla Grande Germania. Assicurò che sarebbero seguiti a breve ulteriori patti anche con Francia e Italia. Tutto procedeva bene e i confini del Quarto Reich erano più solidi che mai. Ogni volta che Heydrich pronunciava le parole “Quarto Reich”, non riusciva a trattenere un tono tronfio di infantile esultanza. Essere riuscito a diventare il successore di Hitler, fautore dell’ormai mitico Terzo Reich, che aveva catapultato la Germania dalla sconfitta durante la Grande Guerra alla vittoria nell’ultimo conflitto, rappresentava il coronamento massimo della sua carriera, all’interno dell’apparato nazista.

A noi, però, cioè a me e ai miei due compagni di attività sovversiva, non interessavano i proclami della Bestia Bionda. Già, perché Heydrich, oltre ad aver fatto togliere la t finale dal suo nome, così da suonare meglio, non aveva fatto nulla per impedire a chiunque di usare il soprannome con cui era noto durante la guerra. Sebbene la cosa mi seccasse tremendamente, fui costretto ad ammettere quanto quell’espressione fosse azzeccata. Non che gli altri dirigenti nazisti non fossero delle bestie, ma Heydrich ci metteva qualcosa in più. Lui era uno di quelli che possedevano la cattiveria necessaria, per portare a termine qualsiasi obiettivo si prefissassero. Se si voleva contrastare la Bestia Bionda, era di primaria importanza possedere una volontà di ferro, finché lo scopo non fosse stato raggiunto. Ad ogni costo. Era esattamente quanto desideravo fare, nei più profondi recessi del mio essere, con o senza l’aiuto dei miei due compagni d’avventura seduti di fronte a me, sul piccolo divano, in quel covo che ci eravamo ritagliati in una vecchia palazzina alla periferia di Berlino.

Pubblicato da gchiarol

Autore di romanzi e racconti

3 pensieri riguardo “Presentazione del romanzo La crepa (Meligrana Editore, 2019)

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